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Fammi sentire (bella)

Recensione di Mia Martini, fammi sentire bella di Giorgio Verdelli (2020), in onda su Rai3 il 27 febbraio 2020. Post pubblicato sulla pagina Facebook di Unadimille

Ci siamo così assuefatti a un’idea di musica raccontata in tv per frasi fatte, revisioni sterili, agiografie dozzinali che una cosa come Mia Martini, fammi sentire bella dà i brividi rincuoranti che si ha dal contatto con quelle cose fatte con l’appassionata cura di un tempo, il piacere di una rivelazione. Eppure non c’è nulla da rivelare, perché il materiale così come gli ospiti erano tutti li, da sempre: Califano, Lauzi, Dori Ghezzi, Minuetto, Almeno tu nell’universo.

È che per una volta, e finalmente, a guidare il racconto sono le canzoni, la voglia di esplorarle davvero, il tempo finalmente concesso agli autori per raccontare come nasce un verso, un motivo, una linea melodica destinata a restare per sempre. Quello di Giorgio Verdelli (già autore di Pino Daniele, il tempo resterà, 2017, chapeau) è un autentico lavoro di ricerca motivata dalla passione, che ha il coraggio di mostrare le esibizioni degli ultimi anni di Mia affermando ciò che si tralascia quasi sempre: e cioè che il periodo dal 1989 al 1994 (cioè quello ignorato da “Io sono mia”) è stato per lei artisticamente sovrumano, fervido di grandi canzoni e di una potenza e libertà interpretativa che l’immagine mediatica forzata di una Mimì disgraziata, perennemente uggiosa ha sempre messo in ombra.

Il suo ultimo album, La musica che mi gira intorno, tutte cover, al quale viene dedicato ampio spazio, è ancora un canzoniere di vitalità impressionante. E se il film non mostra l’esibizione dell’unico inedito di quel disco, Viva l’amore, è forse solo perché è di proprietà di Mediaset: fu infatti il pezzo forte in gara dello sciagurato “Festival italiano”, un tentativo improponibile della concorrenza di farsi un proprio Sanremo (sul web sono disponibili altre esecuzioni del brano, come quella a Domenica In: lei trabocca di vita).

Quindi inediti, testimonianze d’autore e pochissimo spazio, il minimo necessario, alla retorica sulla Mimì ingiuriata e offesa: è un racconto più difficile? Troppo sofisticato? Noioso? Tutt’altro. È quello che conosciamo da sempre, ma raccontato finalmente con il cono ottico che una fiction iper-agiografica o un decine di “omaggi” non richiesti dimenticano: la musica, nella sua sostanza primaria. È un film che dà giustizia all’artista e finalmente “aggiunge”, invece che rimestare nella solita tiritera. È quello che succede quando si smette di trattare il pubblico come un mucchio di beoti da distrarre alla serata del martedì di un villaggio turistico, fagli un mezzo karaoke, fagli l’acuto e poi chiudila qui. L’ossessione che ogni storia sia “da cantare”: tacete invece, e fatecela SENTIRE.

Mia Martini, fammi sentire bella è disponibile su RaiPlay