Categorie
Articoli recenti

No posts were found.

Karaoke

Sono almeno tre estati che i Boomdabash hanno cementato una posizione da protagonisti assoluti nella sfrenata competizione tra i “tormentoni estivi”. E questo, non lo si ricorda mai abbastanza, pur non essendo affatto un progetto musicale emergente: dopo aver speso gli anni Zero facendosi strada tra le realtà di settore dell’area reggae, la band ha cominciato negli anni Dieci una lenta ma progressiva scalata verso la fama e l’airplay radiofonico. Complice un felice passaggio a Sanremo (Per un milione) e un’intelligente crossover con la tradizione pop nazionale (Non ti dico no con Loredana Berté), i Boomdabash ha scritto forse il più fruttuoso sotto-racconto di trasmigrazione dall’universo reggae al pop mainstream che si sia visto in Italia negli ultimi vent’anni. Un’evoluzione pressoché parallela a quel processo di trasformazione del Salento da vivace focolaio della contro-cultura delle dancehall a meta turistica nazionalpopolare per eccellenza.

Il Salento simbolico: ostentato, inneggiato dalle mille produzioni video calamitate da una Film Commission laboriosa e ruminante, decantato da veri e propri inni alla libido gallipolina di cui i Boomdabash sono oggi promotori assoluti. Per buona pace dei detrattori di questa “mainstreamizzazione” del territorio salentino, è un legame local oggettivamente implacabile sul piano commerciale, che ragiona sull’evocazione diretta di sensazioni fisiche connesse a un’idea di territorio almeno quanto fanno le quintalate di latin trap scaricate sul nostro mercato senza troppe riflessioni. La musica c’entra, ma sempre più come rappresentazione di un umore che in quanto emissione musicale vera e propria. E certo, c’entrano anche le strategie di marketing turistico e non, ma che noia ogni volta farlo notare con quel certo snobismo ipocrita (per gli amanti dei dettagli, in un anno qui si è passati dalla Birra Peroni icona industriale barese alla salentina Agricola, una mutazione geografica che vale come una dichiarazione d’intenti).

Per autoalimentarsi il processo ha bisogno di intrecciare i suoi simboli con semantiche ogni volta inedite ma riconoscibili. L’associazione con l’altrettanto salentina Alessandra Amoroso (già testata nel 2015 per A tre passi da te) ha dato vita nel 2019 a una delle hit più clamorose dell’estate, quel Mambo salentino che ha trasferito l’evoluzione ritmica del mambo electro-pop resa celebre da Lou Bega negli anni Novanta (esatto, proprio quel Mambo n° 5 a sua volta già remake) in un contesto irrazionalmente differente: che c’entra il Mambo con la dancehall culture del Salento? Niente, ma ha funzionato alla perfezione: merito di un calcolo ritmico che lascia senza fiato, di controcampi appiccicaticci (mambo!-mambo!) di sirene insinuanti appoggiate nei punti giusti per risultare irremovibili come pungiglioni.

Con Karaoke, il tentativo del 2020, si punta però ancora più in alto. La combinazione degli elementi (e degli autori: ci sono ancora Federica Abbate e Rocco Hunt, dietro l’altra super hit Ti volevo dedicare) è simile: l’atmosfera esotica frontalmente spiazzante (sono per caso capoverdiani quegli arpeggi sullo sfondo?), la velocità dell’enunciato e l’assenza di respiro, il drop fondamentalmente ritmico che lavora come base per un’improvvisazione della danza simil-tribalistica, associato a un hook strepitoso poiché “a completamento libero”: “Ho voglia di… / Ho voglia di…”, e siamo nel terreno in cui ogni allusione sensuale/sessuale è lecita.

Anche le keyword sono felicemente nonsense: “karaoke” e “guantanamera” non hanno nulla in comune se non l’idea stessa di un casino sovrumano in cui cantare tutti insieme il classicone cubano, ma con il delirio alcolico di una sala karaoke nel quartiere cinese di una metropoli europea. Il Salento, a parte l’inciso dei Boomdabash che ritira fuori Lecce e “lu sule lu mare e lu ientu”, c’entra e non c’entra nulla: riesce però ad essere un alone estetico, un colore caotico e luminoso che l’intricata costruzione musicale riesce a sprigionare in ogni battuta.

La melodia, rispetto al Mambo salentino che si muoveva in territorio minore, insegue radiosità luminose e senza ombre: la voce di Alessandra Amoroso, squillante come un sole che batte sul capo all’ora di pranzo senza nemmeno un ombrellone, disegna traiettorie drammaticamente liberatorie. Perché lo scarto che rende Karaoke forse la più importante hit estiva dai tempi di Roma-Bangkok è proprio la sua capacità di distaccarsi dalla geolocalizzazione dei sensi che sembra irrinunciabile nel pop attauel (La isla, la capoeira) e cogliere il momento universale e assoluto dell’estate italiana post-Covid: l’urgenza incontenibile di ri-contaminarsi, di stare con gli altri, di fare festa “in una piazza piena”.

Voglia di ballare un reggae in spiaggia
Voglia di riaverti qui tra le mie braccia

Tutto riflette, come un diorama a rovescia, il senso di occlusione, limitazione e letargo emotivo che ha segnato l’Italia in questi mesi: “il primo giorno di una nuova estate” sprigiona rigenerazione e rinascita, il desiderio di tornare “a cantare sotto il suo balcone quando lei si affaccia” usa l’iconografia della serenata per connotare uno spazio finora proibito (l’idea stessa dei fidanzati divisi dalla quarantena), la promessa dell’innamorato che vuole imprimersi come diversa dalle altre (“Giuro, con te sono stato sincero / stavolta facciamo sul serio”) sembra rimarcare quel senso di trasformazione emotiva che la quarantena ha rappresentato per tante coppia, quella lontananza coatta che ha portato tanti a ridimensionare paure e false promesse e a lanciarsi nel sentimento con il coraggio che si possiede solo quando ci si trova davanti alla fine.

È una canzone di gioia isterica per la possibilità di riaversi, pervasa di “suoni di risate” e benedetta dall’euforia di poter “fare tutto quello che non si poteva”. È un messaggio persino eversivo, a vederla in un certo modo: non si può realmente fare tutto quello che non si poteva, se proprio bisogna dirlo, ma poterne dichiarare il desiderio è un gesto rituale, quasi magico, un auspicio dell’animo che ci si augura diventi realtà più che un dato di fatto (e infatti la coreografia del coloratissimo video è rigorosamente eseguita a distanziamento di sicurezza, così da consentire un trasferimento a norma di Covid sulle spiagge). Ecco perché la canzone segna uno scarto rispetto a tutte le altre hit estive, ed è facile prevedere che il suo successo sarà seguito da altrettanti tormentoni spinti a cercare contatti, più o meno diretti, con lo spirito del tempo. Se così sarà, ancora onore al merito ai Boomdabash e alla spregiudicatezza semantica del Salento: una hit del presente, mentre gli altri perseguono nel cercare il sole di Riccione – la nostalgia della nostalgia della nostalgia…

Acquista il libro di Unadimille qui