
Senza Lucio di Mario Sesti
Recensione pubblicata su “FilmTv, n. 26/2020″
Quando Lucio Dalla se ne è andato, il 1° marzo del 2012, stava lavorando con lo storico e restauratore Antonio Forcellino allo sviluppo di un’opera multimediale dedicata a Michelangelo. C’erano già state una Tosca-musical, un Pierino e il lupo, regie di una Beggar’s Opera di John Gay, di Stravinsky, di Busoni. C’era stato il Sancho Panza inventato per il Quixote di Mimmo Paladino, amico e interlocutore artistico degli ultimi anni. C’erano stati libri, mostre, lectio magistralis, viaggi, cinema, molto cinema. Innamoramenti a sorpresa per artisti con pochi grammi della sua fama, come i Marta sui Tubi, raggiunti da Dalla a sorpresa sul palco durante un concerto e ai quali aveva promesso di produrre il loro prossimo album, prima di andarsene (di quella promessa è rimasta solo Cromatica, stupenda favola chiaroscurale, cercatela).
In Senza Lucio i Marta interpretano Le rondini, una delle dieci canzoni suonate ad libitum in Piazza Maggiore durante i funerali del 4 marzo 2012. È una delle poche tracce che ascoltiamo: il documentario di Mario Sesti rinuncia del tutto ai (soliti) filmati di repertorio e si concentra su tutto il Dalla che debordava oltre la dimensione del cantautore, comprovando quanto questa gli stesse sempre più stretta, non riuscisse a dare conto della sua energia creativa tracimante, dell’osmosi fibrillante verso le altre forme artistiche. Gran parte della narrazione è ricostruita attraverso sequenze fotografiche che più che imporre i fatti sembrano cercare il mistero: pochi scatti intimi tra viste sull’infinito – il mare delle Tremiti, la routine di un mercato siciliano in cui Caruso sembra riprendersi la vita essiccata dal suo iper sfruttamento celebrativo; la sequenza distante di un live con un’orchestra dixie, amore di un tempo mai abbandonato, un Woody Allen al clarinetto senza la pretesa di una carriera parallela; Piera Degli Esposti e Paola Pallottino che cercano un modo per dire parole che non sanno come dire.
Tutto respira fiato di vita oltre la vita, a distanze siderali dai santini della tv e dagli orrendi concerti-omaggio. E poi Marco Alemanno, naturalmente e al di sopra di tutto: protagonista e artefice del film di Mario Sesti, narratore autobiografico ancora sospeso nella meraviglia di quella catarsi che è stato il suo incontro con Dalla. È soprattutto a lui, spesso ridotto nelle agiografie dalliane, se non omesso, perduto in quel senza del titolo, che rende giustizia Senza Lucio: ed è giusto così.