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Correre forte

da Dopo la guerra, Costello’s Records, 2018

Le corde sono quelle rassicuranti di un pop cantautorale di rimbombo anni Settanta, tra AOR e Ivan Graziani. I synth, usati in abbondanza, solo a tratti sembrano puntare dove il gusto itpop contemporaneo chiede di andare; piuttosto giocano di distensione e rievocazione di mondi lontani. E tra un occhiolino ai Fleetwood Mac e un immancabile segnale battistiano, riescono persino a far entrare l’ascoltatore da un passaggio pure-ambient, alla Roedelius, una piccola magia che lenisce le membra e ben predispone. Così dopo l’incipit di “Signore E Signori, Veniamo Dal Tutto Vogliamo Niente” (che capovolge, citandoli, i Coma_cose di “Jugoslavia”), Bonetti comincia a viaggiare con la mente, convincendo – con il giusto tatto – a seguirlo: “Correre forte” è una ballata sulla fuga come desiderio congenito, come condizione esistenziale in grado di tenere le cose in sospeso per sempre, di trattenere ciascuno dalla tentazione di posarsi. La canzone è trasposta nel contesto fumoso di una storia d’amore ritratta nelle sue fasi finali, con l’immagine della corsa che contiene in sé un elemento di pulsione contrastante, come se fosse necessaria ma al tempo stesso ‘costasse’ una rinuncia dolorosa. Ci vogliono un paio di ascolti tuttavia perché riesca a farsi scalare su una dimensione esistenziale, per effetto di quella sua striatura acustica che sa di malinconia sottile e di vasti spazi, aperti su un orizzonte assoluto e ideale, tra il Beck di Sea Change e The War on Drugs (del resto è più che universale anche la guerra citata del titolo dell’album di cui fa parte, Dopo la guerra). Tutto estremamente semplice, scarsamente pretenzioso, una canzone riconducibile a tante altre: eppure è una canzone che, nel marasma delle uscite del 2018, ha continuato davvero a correre, e più a lungo di quel che si immagini.

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