
Mina Fossati – commento
Nessun’altra ragione che un sogno
Mina Fossati, commento pubblicato su “Muzik”, in “FilmTv, 1/2020″
Cosa rimane di Mina Fossati? Poche “liste” di fine anno si sono arrischiate a citarlo (incastrato tra tha Supreme e Myss Keta, con effetti stranianti) e in generale il trattamento critico del disco si è arenato contro il muro del grande evento discografico, omettendo giudizi troppo specifici.
Eppure, in un’era di totem del passato ibernati in modalità autocelebrativa, è materiale prezioso: ben 11 nuovi inediti da un grande innovatore della canzone così motivato dal progetto da interrompere un rigoroso ritiro dalle scene. Forse il suo punto critico è proprio la motivazione: fino a che punto l’occasione di lavorare con Mina può compensare l’assenza di una reale urgenza poetica? Le canzoni sono tutte piacevoli, eppure è difficile immaginarle nuovi classici. Né c’è esplorazione, anzi.
Fossati pare compiere una voluta operazione di riscrittura del suo periodo pop-rock, prima della svolta “alta” di 700 giorni (1986): Tex-Mex risuona dei latinismi di Panama, il crescendo armonico dell’intensa La guerra fredda è tipicamente fossatiano (Ma che sarà questa canzone), Amore della domenica è un remake non dichiarato di Notturno delle tre, Luna diamante ha il respiro solenne di Cowboys (già cantata anche da Mina). Il fossatianesimo che riverbera ogni brano sembra ricercato, riconoscibile, alla portata di tutti. Cosa rimane, allora?
Il divertimento surreale di Farfalle, una Pioggia di marzo sull’estate che sfoltisce i cattivi pensieri. La voce di Mina: non più bionica, finalmente sporca, imperfetta, matura (in senso concretamente anagrafico). E una morbida familiarità, un po’ flebile ma rincuorante. Come lascia intendere L’infinito di stelle, in apertura, è musica mossa dal desiderio di ritornare per rasserenare, per convincersi che val la pena credere ancora nella magia della parola cantata, nonostante tutto. Un’illusione forse antica, ma ancora viva: “Per la strada di nuovo / la pioggia è passata / e una luce si muove per me / c’è ancora speranza in questa terra / civilizzata soprattutto dai poeti”.