Categorie
Articoli recenti

No posts were found.

Dov’era Diodato il Primo Maggio 2020?

post pubblicato su Facebook il 2 maggio 2020

Il concerto del Primo Maggio in versione quarantena ha tentato di evolvere, senza rimetterla in discussione però, la strada tentata dagli altri “grandi eventi online” a sfondo benefico organizzati nelle scorse settimane, dall’italiano “Musica che unisce” al globalismo in streaming di “One World Together at Home”. Insieme alle performance comprensibilmente scarne e senza pubblico, una conduzione decentralizzata (di Ambra Angiolini, decisamente più a suo agio che davanti alla piazza piena), qualche intervento umoristico un po’ fuori luogo con l’umore complessivo, sospeso tra l’afflizione e una sommessa energia di chi cantando sa di rappresentare un diversivo ancora flebile.

Dove le performance hanno interagito in modo creativo con lo spazio – le città vuote – sono riuscite a toccare corde speciali. Su tutte, una Gianna Nannini sola al pianoforte sulla Terrazza Martini davanti alla maestosità di Milano deserta, in un’esibizione nettamente più efficace ed emozionante di tutte le sue più recenti ospitate sanremesi in pompa magna.

Tuttavia nel complesso la novità più importante – le esibizioni con band da locali come il Fabrique di Milano o l’area speciale allestita all’Auditorium di Roma, luoghi simbolici sulla carta ma scarsamente evocativi in chiave registica – ha lasciato una sensazione di freddezza e persino di delusione. Dopo esserci abituati a performance in solitaria, spesso intime e accorate, ascoltare un arrangiamento compiuto, magari pompato di chitarre elettriche o di sezioni ritmiche al pieno delle loro possibilità, mi è sembrato stridere sia con l’umore generale che si cercava di diffondere (“questa non è una festa”) e sia con la stessa idea che si possa definire “esibizione” una performance completa senza pubblico.

Diverse performance hanno emanato il calore di una prova di servizio registrata, come un coito senza troppo desiderio, rivelando chiaramente ciò che diciamo in tanti, come fosse un luogo comune, ma senza realizzarne davvero la gravità: che non esiste una possibilità di fare spettacolo dal vivo senza la presenza del pubblico. Persino quando lo spettacolo è ripreso. Gli stessi artisti, senza magari riuscire a dirlo, sembravano ridotti nelle loro possibilità proprio dalla straniante sensazione di cantare nel deserto. E forse si è anche avuta la reale nostalgia per una performance che sia ANCHE divertimento, sfogo di energia, leggerezza, anche quando ha un fondo civile, cioè l’obiettivo che il Concertone storicamente, e con alterne fortune, cerca di darsi. Se si aggiunge poi che il cast era ricalcato praticamente al 100% sulle uscite discografiche dei mesi scorsi, con un’infornata sanremese forse un po’ troppo cospicua, viene davvero il sospetto che l’esigenza di fare spazio alla musica da promuovere abbia sbilanciato un po’ troppo il peso potenzialmente simbolico dell’evento.

Mentre andava in onda questa versione del concertone in frattaglie disomogenee, alcune strabilianti e altre francamente evitabili, a “Propaganda Live” il vincitore di Sanremo 2020 Diodato interpretava Treno a vela di Lucio Dalla, una canzone bellissima e più appropriata al tema del lavoro di quasi tutto quel che si e cantato dall’altra parte, e un brano che si omette sempre nelle solite ricognizioni sul repertorio dalliano. Lo ha fatto con la sua consueta capacità di ricercare un timbro chiaro e cristallino che però non sacrifichi l’interpretazione e la partecipazione.

“Propaganda”, uno dei pochissimi programmi che non ha rinunciato all’idea di una diretta con ospiti e pubblico (seppur nella forma di un centinaio di cartonati), gli ha offerto lo spazio esterno dello studio, “aprendo” la parete simbolica tra studio televisivo e piazza. Potevano essere non più di una dozzina i presenti, ma è sembrata una performance reale, vibrante, autentica.
Diodato doveva in questa primavera gustarsi l’attesa consacrazione a nome di punta del panorama italiano, potenziata da una partecipazione all’Eurovision che in tanti davano già tra le favorite. E invece questo treno delle meraviglie che passa di rado, per il momento, gli è stato rinviato.

Eppure ieri sera ha fatto quel che fa ogni anno il Primo Maggio: usare la musica per raccontare Taranto, trattando la canzone da creazione preziosa, non da frattaglia/riempitivo di una programmazione serale con l’urgenza di autopromuoversi.
L’esito artistico è questo: giudicatelo liberamente, ma a me la differenza di approccio sembra abbagliante.

Acquista il libro di Unadimille qui