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Casalingo

Da Dal lofai al cisei, Universal, 2002

Casalingo è il più grande successo della prima fase della carriera di Bugo ed anche un cult assoluto dei primi anni Zero, che certifica un momento a suo modo magico per la musica alternativa tutta. Con una proposta musicale che mescolava psichedelia, blues, folk, rap, garage e una scrittura rigorosamente anti-intellettualistica, apparentemente disinteressata al politico ma con le braccia del sarcasmo immerse nel presente, Bugo dimostrava l’esistenza di un’altra via alla zuccherosità come al tedio dell’impegno a tutti i costi. La sorpresa era che questa formula strana e apparentemente ruvida poteva persino avere un appeal commerciale: salto ufficiale di Bugo con un major (la Universal), Dal lofai al cisei calamitò un grosso interesse a livello nazionale sul nome di Cristian Bugatti, identificandolo come il simbolo di un’altra cosa che stava accadendo nella scena alt italiana, seppur difficile da inquadrare in un filone. Era in parte un’illusione, perché poi gli anni Zero andranno da un’altra parte, ma l’eredità di Bugo la stiamo (e ancora soltanto in parte) scoprendo soltanto in questi anni di indie pop stralunato e frammentario: quanto Bugo ci sia in certe soluzioni di Calcutta è ancora una traccia tutta da esplorare.

Lo spirito spigoloso e alieno che la scrittura di Bugo aveva evidenziato negli esordi super lo-fi di La prima gratta e Sentimento westernato non era stato in alcun modo attaccato nelle sue fondamenta, ma Dal lofai al cisei era chiaramente un album più accattivante e accessibile dei suoi predecessori. E infatti arrivò dove poteva arrivare, grazie alla visibilità raggiunta nelle riserve indiane di MTV Supersonic e Brand New e, in particolare, all’immediatezza del suo singolo di punta.

Funk-noise-garage con retaggi blueseggianti, influenzata da Vasco Rossi nel generale atteggiamento di fiero scazzo, originale perché non banalmente demenziale, Casalingo capovolgeva il dogma del collettivismo: nell’era post G8 in cui un artista non poteva sfuggire al mostrarsi coinvolto sul piano pubblico, Bugo cantava il suo tinello pride con naturalezza quasi strafottente.

Noi non siamo umani e tu lo sai
Stare in casa è qualcosa di spettacolare

Oltre l’ironia stranita, la canzone prefigurava – con anticipo premonitore – l’ingresso nell’era della chiusura verso l’interno e di quell’individualismo autosufficiente che oggi è il nostro quotidiano: le smart tv parlanti che accendono il forno prima di rientrare in casa, il social network come sublimazione completa dell’interazione. E la follia invisibile (“Se sei casalingo / ami il fuoco del fornello come me”).

Mentre gli scettici si rifiutavano di penetrare nel mondo Bugo limitandosi ad attribuirgli il bollo di sfigato, Casalingo insinuava un’idea della casa come rifugio post-romantico, tra la luce viva del fuoco del fornello e lo sguardo enigmatico di uno scarafaggio. Da vivere rigorosamente con un paio di forbici in tasca, non si sa mai che passi per la mente qualche strana idea. Come impiccarsi.

Uno scarafaggio si nasconde e guarda come me
Gente che ti aiuta a fare il nodo al cappio come me
Ma tu che sei prudente
Tieni in tasca le forbici nuove

Altre canzoni di Bugo: “Che diritti ho su di te?” – “Nel giro giusto

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