
Senza di me feat. Venerus & Franco 126
da Qvc8, Tanta Roba, 2018
C’è qualcosa di profondamente ‘antico’ in Senza di me, il singolone lanciato sul finire da 2018 da Gemitaiz per il capitolo 8 della sua serie QVC – Quello che vi consiglio, il format in forma di mixtape che scorre parallelo lungo la sua discografia già molto densa e che gli consente spesso di testarsi, aggiornare lo stile, sperimentare nuove strade. In Senza di me, prodotta da Il Tre, Gemitaiz si riserva la prima barra lasciando la seconda a un Franco126 qui con un flow in modalità a prevalenza rap, e il ritornello lasciato in mano alla stella nascente dal nu R’n’B italiano Venerus, in quota Asian Fake, da noi già prontamente inserito nella Top 40 di fine 2018.
Senza di me non fa nulla per nascondere il tentativo di scrivere un nuovo e determinante capitolo nel filone quasi totalmente romano-centrico di fusione tra la trap e la nuova canzone indie. La ritmica in 4/4 lascia il posto a un terzinato old style, più Amy Winehouse che Anderson Paak, mentre i toni generali rigorosamente in minore spostano l’umore complessivo su un registro vintage e certamente nostalgico, affiliato alle colorazioni tenui e autunnali del video girato in accompagnamento del brano.
La canzone è concepita come una ipotetica lettera/messaggio di un lui spazientito e in qualche modo giunto quasi al capolinea a una lei che lo ha tenuto per molto tempo in pugno e che adesso viene invitata ad assistere il suo gesto di rivendicata autonomia, che contiene quasi un ritorno a un elemento adolescenziale, di ritrovata spensieratezza: “Ciao amore / non piangere / ti mando un bacio (…) io sto co’ un amico in motorino, come nel ’99 / non sono mai stato così vivo / Ho scritto un vaffanculo sopra al cuore / Però trovo ancora le parole”.
Gemitaiz tiene per sé il ruolo più relativamente strafottente (“Una volta è colpa tua / Due volte è colpa mia / Ma dove vai / Senza di me?”), calato in un flow sciolto, un po’ dinoccolato e un po’ quasi sfidante, molto blues. A Franchino spetta, ovviamente, il contraltare più nostalgico e introverso, l’espressione più articolata e interiore della situazione amorosa, certamente più drammatica, coerente con la straordinaria capacità di stare dentro gli interstizi più minuti di una sofferenza amorosa da lui dimostrata nel suo esordio solista di Stanza singola, uscito poche settimane dopo Senza di me.
Peccato, tempo sprecato
Siamo ad un passo, divisi soltanto da un vetro specchiato
Respiro spezzato, un bicchiere scheggiato sopra la moquette
Questa notte (questa notte) lascio impronte (lascio impronte)
Su una strada di polvere
Credevi a tutte le mie bugie
Per non restare senza di me
Tra le due visioni – lo sbruffone e il disperato, in proporzioni scambievoli – il sigillo lo mette la voce suadente e radicalmente neo-soul di Venerus, che condensa il senso del brano riassumendo in sé tutte le contraddizioni: la promessa di un brindisi con gli amici per ‘festeggiare’ il fatto “che da quando non ti ho mi perdo”, e la richiesta di un gesto nuovamente aggressivo e paradossalmente violento nella malaugurata ipotesi lui stesso dovesse pentirsi e fare marcia indietro: “Prendimi a pugni il cuore se ritorno di nuovo da te / da fuori non sembro solo / ma, baby, tu sai come sono”. Proprio così, con quel baby così sixties, così intriso di dolore esasperato che cela in realtà un eterno gesto seduttore.