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copertina è un momento difficile tesoro

Dove sono i tuoi occhi

da È un momento difficile, tesoro, Woodword, 2019

Nella bellissima fotografia di copertina di È un momento difficile, tesoro a firma di Claudia Pajewski (che già ha una sua parte di responsabilità nell’aver reso iconica una precisa espressione di Motta, tanto per dire), il volto di Nada emerge facendosi strada tra la sua capigliatura come una sorpresa dorata, il pezzo forte di uno spettacolo teatrale. Eppure è lo sguardo, sornione e sereno, è rivolto umilmente verso il basso, come per sfuggire dalla spietatezza dell’additare, dalla sfrontatezza dell’esposizione artistica, dallo showbiz. Le si vorrebbe chiedere: Nada, dove sono i tuoi occhi? È un’immagine regale, velata da un’ironia gentile, come un’eco di quel titolo beffardo e straordinariamente ambiguo (per chi è che è davvero un momento difficile questo?) Ma è un ritratto che al tempo stesso tutela quella discrezione naturale che chiunque ha visto almeno un concerto di Nada ritrova costantemente, quel rimanere autentica, mai affettata, ‘pura’ nel suo starsene lì in disparte, continuando a scavare il suo solco dentro la canzone contemporanea: un raschio che va sempre più in profondità, irripetibile, inarrivabile per intensità.

A mettere una sottolineatura su questo album, in una discografia che, come si sa, da circa vent’anni ormai ha conosciuto una prolificità nell’età matura che non ha eguali nel nostro mercato, è la presenza in cabina di regia di John Parish, già responsabile di quel Tutto l’amore che mi manca che fu imprescindibile nel suo ruolo maieutico, nel portare Nada a diventare ciò che, forse da sempre, aspirava ad essere: un’artista libera, viscerale, scevra da ogni stereotipo. Ora John Parish ritorna con l’artista toscana dopo aver prodotto, tra le altre cose, Party di Aldous Harding, We Dissolve di Christa Bell, Innocence is Kinky di Jenny Hval, vale a dire almeno tre degli album più innovativi realizzati da artiste in ascesa della scena alternativa (omettendo, naturalmente, l’ultimo Pj Harvey, da un quarto di secolo legata al produttore e musicista britannico da un filo pressoché indissolubile).

E come al tempo di Tutto l’amore che mi manca, Parish torna a cesellare un suono in cui tutto il ruvido e lo spigoloso dentro la voce di Nada viene lasciato libero di scorrere, con tutte le sue imperfezioni, i raschi, la brutalità. Il risultato è bradisismo alt rock, diviso tra canzoni che sembrano procedere con un andamento rituale, quasi improvvisato, decisamente loureediano (“Stasera non piove”, la title track), e altre inondate di una dolcezza solitaria, persino religiosa (“Lavori in corso”, o la struggente “O Madre”, vertice emotivo del disco e trasposizione ‘spirituale’ di quella impetuosa “Madre” che tormentava Tutto l’amore che mi manca nella scomoda posizione di ghost track, immersa qui nella pietas di una preghiera che è anche la ricerca di un contatto perduto).

In mezzo all’album spicca la rabbia intestina di “Dove sono i tuoi occhi”, energico mantra della solitudine, antidoto perfetto al massimalismo di matrice elettronica e alle mollezze itpop contemporanee, La ritmica si presenta quadrata ed essenziale, con reminiscenze garage, a far da sostegno alla brutale onestà dei versi, qui immersi in uno smarrimento esistenziale, totale e disperato. Alternando il canto a un versare che ha qualcosa di magico, Nada spinge le parole fino a diventare una richiesta senza mediazione, quasi infantile (“Non ci sono più!”) in una progressione straziante e impazzita, che ha il suo climax in un urlo lancinante, di fragore inaudito, come una rupe che frana. E che il vuoto costruito da Parish attorno a lei non fa altro che far rimbombare.