
L’autostrada
da Unò-dué, BMG Ricordi, 2002
Contenuta in Unò-dué, di cui è uno dei vertici in termini di intensità, “L’autostrada” è un brano a carattere spiccatamente narrativo, un racconto romanzato dell’incontro con una donna che si rivelerà l’inizio di un amore, sullo sfondo di un luogo dal forte valore iconografico. Ispirato da un ritiro quasi eremitico nel borgo di Pagliara, nel reatino, il set di “L’autostrada” è infatti un luogo in cui il tempo sembra essersi fermato, in cui gli elementi chiave della vita sociale si presentano in forma unica, senza alternativa: “l’incrocio / la casa / la chiesa / la croce”. Daniele Silvestri enfatizza questi cardini della vita paesano in quanto identificativi di una tipologia di margine del mondo, non collocata nella lontana Cuba di “Cohiba” (che però ritorna nell’arrangiamento del brano) ma sul familiarissimo Appennino, qui ammantato di un’accezione quasi western. Sono location che ritornano spesso nelle canzoni di Silvestri, a documento un’Italia dimenticata che l’anima urbana dell’autore teme come luoghi di isolamento forzato ma che in realtà si rivelano determinanti per accedere a ‘verità segrete’ dell’anima, o più semplicemente per ritrovarsi (da “Mi fece male a chepa” alla notevole “Sulle rive dell’Arrone”, il campionario è vasto).
A essi si contrappone quella “autostrada” che popola il ritornello del brano come un miraggio, un luogo in realtà invisibile che si evoca come simbolico crocevia, opportunità di scambio. Eppure proprio in questo borgo dimenticato e anti-idilliaco, un posto in cui l’estate “non è mica un periodo felice / che il caldo ti toglie la pace / la polvere copre ogni cosa / e ti spezza la voce”, nei pressi della chiesa, un edificio uguale alle case ma dotato di una croce, la voce narrante scorge questa figura femminile a braccetto col prete, restandone folgorato. Con maestria narrativa, Silvestri fa permanere il dubbio che in un primo momento lei abbia notato lui, o forse no, salvo confermare l’interesse reciproco nella terza e ultima strofa, quando i due comunicano per la prima volta. Il loro è uno scambio di strabiliante semplicità narrativa e insieme di finezza poetica, affidata al discorso diretto. Lei gli viene incontro e, togliendogli l’imbarazzo dell’attaccar bottone, gli svela il suo desiderio assoluto:
“mi piace guardare la faccia nascosta del sole
vedere che in fondo si muove
dormire distesa su un letto di viole mi disse”.
Dopo essersi dichiarata, rivolge a lui la stessa domanda: “E a te cosa piace?”. La risposta è accorata e suggellata da un invito all’amore (“mi piace sentire la forza di un’ala che si apre / volare lontano / sentirmi rapace, capace di dirti ti amo / aspettiamola insieme l’estate”), sebbene il suo slancio romantico sia messo in ombra dallo stesso umore del luogo, che agisce come uno spirito ineliminabile, riportando alla vulnerabilità e alla limitazione:
“e intanto volevo sparire
pensando alle cose che avevo da offrire
l’incrocio, la casa, la chiesa, la croce”.
È significativo che questa sezione veda la voce narrante di Silvestri sovrastata dalla sua voce a un’ottava più alta da quella di Simona Cavallari, attrice e all’epoca compagna del cantautore, come a non nascondere l’imprinting autobiografico del brano. A confermare che si tratta di uno dei pezzi più vicini alla parte più intima dell’autore, “L’autostrada” resterà una canzone tra le più amate dai fan di Silvestri, che la riproporrà spesso nei live, cambiandole spesso veste musicale (nel live con Niccolò Fabi e Max Gazzè, sfumerà in modo congruo in “Corazon espinado” di Santana). Forse proprio per la sua abilità nel coniugare un racconto amoroso in toni romanzeschi con un’ambientazione riconoscibile e ‘nostra’, affidata a una poesia vivida di suggestioni cinematografiche, tra il western e Pietro Germi; una provincia aspra e con scarse speranze, tanto lontana dagli occhi della metropoli quanto ancora capace di conservare e preservare piccoli miracoli. Come un amore a prima vista.